Una recensione che non può che essere intersezione continua con il testo-matrice "La strategia del cyborg", generante...un dialogo cyborg!
Le 95 tesi di Lutero affisse sul portone della Chiesa di Wittenberg, il 31 ottobre 1517; o le 95, raccolte nell'aprile del 1999 da Rick Levine, Christopher Locke, Doc Searls e David Weinberger, nel "Cluetrain Manifesto"; o i paragrafi-pagina dal 150 al 181 de "A Cyborg Manifesto: Science, Technology, and Socialist-Feminism in the Late Twentieth Century", di Donna Haraway; o...
C'è qualcosa in comune tra "La strategia del Cyborg" di Thierry Crouzet e quanto sopra citato? C'è qualcosa di nuovo ed in-novativo? O, piuttosto, c'è qualcosa di diverso?
C'è tutto, di tutto questo. Siamo di fronte a un Manifesto scritto per molte persone (questo, ciò che è 'in comune'); un manifesto aperto, riprocessato e integrato nella sua prima forma scritta e integrabile ogni qual volta letto (questo, ciò che è 'in-novativo'); c'è la necessità della definizione sfumata quanto a distinzione ed estensione ("Il cyborg non è né umano né macchina [...] confonde i confini tra i generi") ed estratta non solo più per paragone (questo, ciò che è 'diverso').
Detto ciò, si instanzia una voce narrante: "1 Io sono un cyborg". Non è una voce narrante ego-centrica. Perché sin dalla propria imposizione, si relaziona e si scioglie nel dialogo con stimolatori testuali: Guillaud, Crouzet, Jag e altri...
Crouzet non è lo scrittore del libro: è una tra le voci che lo scrivono. Non a caso si dichiara 'cyborg': nello scrivere il libro, si sta estendendo, sta trascendendo il proprio io narrante e naturale in una multi-forma, simbiotica e dialogante, che è il nocciolo stesso dell'essere cyborg.
E' il cyborg a scrivere la propria strategia, il proprio Manifesto. Gli uomini quali Crouzet, Guillaud, Jag e gli altri stimolatori, inclusi noi stessi!, che incrociamo in nota aiutano il cyborg ad esser-ci ed essi stessi a diventare, mutare, reinventare la loro presenza: stati di umanità aumentata (dalla radice "AUG", allargamento sanscrito di "UG-UK", abbreviazione della fondante "UAG-UAK": crescere, divenire forte, attraverso lo spingere, lo svegliarsi, il
germogliare...). Del resto, "l’uomo aumentato aumenta le macchine che quindi aumentano l’uomo". Crescere insieme. Germogliare.
Germogliando, il cyborg entra in interazione simbiotica con il proprio ambiente. Il cyborg non esiste come monade. Il cyborg è relazione. Vive nella relazione. Si estende con essa e sfrutta la connessione quale via principale per evolvere e (in-)formarsi. Il cyborg non prescinde dall'umano, ma l'umano non è l'unica fonte di stimolo per il cyborg. L'umano, del resto, si fa cyborg ogniqualvolta estende i propri sensi o i meccanismi adattativi attraverso le protesi più diverse, da quelle meccaniche (occhiali) a quelle elettroniche (reti di computer) a quelle bio-fisiologiche (aggregati chimici e sostanze neuroattive). Queste protesi, tuttavia, esprimono spesso solo l'archetipa e arcaica rappresentazione culturale del cyborg ("I film e i libri di fantascienza hanno dato al cyborg una connotazione spaventosa. Ma l’umanità non si sta già facendo paura da sola? Serve un’immagine inquietante per stimolarci meravigliosamente").
Il cyborg è normale: interagisce con le norme e si auto-norma e auto-organizza. Non da solo. In società. Il cyborg è una entità sociale. L'umanità è nata cyborg.
In questo momento storico ne sta prendendo maggiore consapevolezza. "Il cacciatore fa del cane un cyborg. La cyborghizzazione è riflessiva": questa riflessività è segno dei tempi. Da sempre l'uomo si è sentito in interazione con l'ambiente e in relazione asimmetrica con altri esseri od oggetti. Ora, qui sta il punto, si sta ri-organizzando. Riflettendo sul proprio essere aumentato, innesca un feed-back positivo per velocizzare l'accrescimento. E prende coscienza che ciò è possibile solo integrandosi sempre di più, diffondendosi e pseudo-speciandosi con l'ausilio degli organismi cibernetici. Se tale è la scelta, il destino è cyborg. Ecco la 'generalizzazione': "La strategia del cyborg consiste nell’unirsi all'altro da sé per accrescere se stesso. Un cyborg non può che essere sociale. Occupa lo snodo di una rete relazionale che unisce esseri viventi ad artefatti".
Il cyborg non può aumentar-si in sé, per sé e da sé. Per superar-si deve superare se stesso: come, se non interagendo con altri cyborg o altre matrici? Il cyborg è parassitario, ma è un parassita diverso: "non assorbe gli stimolatori con cui interagisce. Costruisce con loro". L'assorbimento è perdita dell'identità. Il cyborg percepisce se stesso come distinto dall'ambiente con cui è in simbiosi. Il cyborg è un "io". In ciò, il cyborg "non è né individualista, né collettivista". Il cyborg (si) in-nova. E' in grado di modificare i propri cablaggi neurali in base all'esperienza e a nuova conoscenza. Il cyborg è cerebrale: "Il cervello non smette di evolversi con l’età adulta". D'altra parte il cyborg è iper-sensoriale, data la mole immensa di sensori e connettori con il mondo interno ed esterno: il cyborg non è psicotico, è empatico e, grazie alle potenzialità di collegamento interpersonale sempre più avanzate, "l’empatia si estende d’ora in avanti all’umanità, alle altre creature e alla biosfera tutte insieme".
Il cyborg è intensificazione dell'umano: usare intensamente le nuove tecnologie, robotizzarsi, è parte della strategia del cyborg. E quindi dell'essere umano. Sotto questa luce, le opere del cyborg sono quanto mai con-divise, ma non sempre di massa: questo perché il cyborg opera supportato dai propri stimolatori e alla ricerca di sempre nuovi stimolatori. In questo rapporto con gli stimolatori prevale l'intimità della connessione, dalla quale si plasma l'opera, che resta sempre aperta, come in passato, ma in maniera più trasparente (le tracce della manipolazione creativa restano nella creazione). L'opera del cyborg è cristallina e sfaccettata. E', come detto, 'aperta', ma "l’apertura immediata e radicale è pericolosa. Troppe critiche che irrompono su un lavoro in gestazione lo soffocano. Ogni creazione deve avere il tempo di dispiegare le proprie ali. Ogni apertura deve essere progressiva al fine di evitare l’overdose reticolare. Troppa apertura uccide la creazione": provate a mettere ordine tra le vostre idee in un blog noto e costantemente aperto ai commenti e il filo della creazione cyborg si perderà per iper-stimolazione. L'iper-stimolazione può essere utile al cyborg, ma a dosi meditate e progressive.
Vogliamo essere cyborg, o meglio, visto che già lo siamo, vogliamo qualche consiglio sulla strategia per "migliorar-ci cyborg"?
Qualche cattiva abitudine per chi pratica la strategia del cyborg, il cyborg-Crouzet ce la fornisce: "Partire soli su un'isola deserta senza mezzi di comunicazione per realizzare una grande idea. Non rispondere alla mail di uno sconosciuto. Rifiutare gli inviti a sorpresa. Fidarsi solamente degli amici. Diffidare dei dilettanti."
E anche qualche abitudine buona: "Partire soli per la montagna o altrove, lontani dal tumulto, per avere delle buone idee. Scrivere a chi ci emoziona, che sia famoso o meno. Cercare di incontrare le persone che ci fanno riflettere. Accettare l’imprevisto. Non categorizzare in funzione di un pedigree."
Il cyborg legge. E la sua lettura è bi-attiva: il "cyborg, emette e riceve allo stesso tempo": come non citare la possibilità dell'estensore e-reader, che consente di condividere note, citazioni, riferimenti bibliografici, tanto in entrata quanto in uscita? Il cyborg apprezza l'e-book quale forma discorsiva e di apprendimento.
Quanto ai dualismi "Casa/lavoro. Personale/professionale. Privato/pubblico. Creatore/recettore. Maschio/femmina" il cyborg li integra tutti nel flusso della creazione continua, resa iper-attiva dalle proprie protesi: "Non si può essere cyborg lasciando da parte un pezzo di sé". Come gli occhiali. O le scarpe. O un i-Phone.
Alla fine di questo discorso, il lettore cyborg potrà essere stimolato nel senso della perdita della qualità materialmente e fisicamente umana che sembra presente nel processo di "cyberghizzazione". Ecco uno stimolo contrario: il cyborg non vive attaccato alle macchine. Sfrutta le proprie protesi. Ma vive nel mondo umano: "L’esistenza dei cyborg non è priva di materialità. L’attività fisica contribuisce all’attività cerebrale. Senza presenza nel mondo, non c’è estensione possibile verso gli altri".
Senza l'altro, io cyborg non esisto: ho bisogno di voi.
Alcune note utili sul testo di Crouzet:
# Madre-matrice:
Thierry Crouzet (Crouzet) (http://tcrouzet.com/)
# Stimolatori:
Hubert Guillaud (Guillaud)
Jeanne Argall (Jag)
Sam Dixneuf (Sam)
Nicolas Ancion (Ancion)
Jeanlou Bourgeon (JLB)
Isabelle Crouzet (Isabelle)
#Traduzione
Caterina Sarfatti
#Editore
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