
Intanto il libro dei due biologi, neuroscienziati, epistemiologi e filosofi cileni contiene due testi, anzi tre: l'Introduzione di Humberto Maturana, che è una vera e propria dichiarazione di intenti e responsabilità nei riguardi dei due saggi che seguono, e del nuovo approccio da questi individuato nell'ambito delle scienze biologiche; Biologia della Cognizione, edizione del 1970, che è un testo di biologia,che inizia ad introdurre le fondamenta del concetto che, nel saggio successivo, verrà battezzato 'autopoiesi', vero e proprio fulcro di tutti i testi; L'Organizzazione del vivente, edizione del 1973, qui introdotta da una perspicace prefazione di Stafford Beer, ma edizione che, sempre per Marsilio, si trova anche a se stante, con il titolo Macchine ed esseri viventi e con la illuminante prefazione di Alejandro Orellana, recensita altrove in questo blog.
Si tratta di testi difficili e la cui lettura richiede molta concentrazione, perché sono scritti con un linguaggio 'poietico', nel senso di Roman Jakobson, atto a definire con assoluto rigore il concetto, l'autopoiesi, relativo alla possibilità stessa del vivente.
Nell'introduzione al primo saggio, si pone subito il problema della conoscenza: essa, in quanto esperienza, è personale e, quindi, non può essere trasferita; ciò che si crede trasferibile, in realtà, è sempre un qualcosa creato dall'ascoltatore. "Così la cognizione, come funzione biologica, è tale che la risposta alla domanda 'Che cos'è la cognizione?' deve sorgere dal capire la conoscenza ed il conoscitore attraverso la capacità di conoscere di quest'ultimo". Detto questo, il testo procedere a chiarire che cos'è la
cognizione come funzione e come processo. Il testo non usa un lessico complesso, tutt'altro. E' la struttura del discorso che è complessa, ma non per questo inavvicinabile. Ci vuole pazienza. Così, nel primo saggio, tentanto di dirla con una frase, quel che Maturana dimostra è che le relazioni basiche del vivente si nutrono di 'organizzazione circolare' e 'auto-referenzialità', costituendo unità chiuse fondamentali, anche se in grado, entro certi limiti, di reagire alle pressioni ambientali mantenendo costante o ripristinando la propria organizzazione interna. E, cosa essenziale per procedere al secondo saggio, l'autore dimostra come in ogni dominio di cognizione il contenuto della cognizione è la cognizione stessa o, detto altrimenti, "tutto ciò che è detto è detto da un osservatore" e, con un richiamo a Wittgenstein , "quanto può dirsi, si può dir chiaro; e su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere".
Nel secondo saggio ecco che emerge la definizione della realtà dell'autopoiesi, intesa come il criterio distintivo della vita, che si può tradurre nella capacità di mantenimento della sua stessa organizzazione. Qualunque sistema che abbia tale caratteristica può, a tutti gli effetti, essere detto vivente, qualora la produzione dei propri elementi di base sia in grado di (ri)produrre ricorsivamente gli elementi che li producono. Insomma, il sistema, per essere vivente, produce continuamente se stesso, anche sotto (un certo livello di) pressioni ambientali esterne o modificazioni interne (mutazioni, alterazioni chimiche, ecc.).
Il testo dispiega bene il concetto complesso, non complicato (una definizione di complesso si trova in questa recensione), che, dall'epistemologia alla psicologia, dalla gnoseologia all'etica, dalla biologia all'intelligenza artificiale, si è espanso attraversando le discipline degli ultimi quaranta anni.
Per concludere, così scriveva L'Indice (n.8, 1985) recensendo il testo nell'edizione dello stesso anno:
"Al centro sta la riscoperta della relazione, la ricerca di una sintesi che non sia la pura e semplice somma di competenze specialistiche, ma che includa la dinamica continua delle interazioni. Ciò significa che, all'interno di una relazione, cioè di un sistema con un'organizzazione propria, ogni proprietà misurabile della struttura si modifica continuamente attraverso una serie di adattamenti, così da cambiare anche in modo radicale, ma non scompare mai. In altri termini, la stessa cosa può diventare irriconoscibile se la si osserva di nuovo. Ciò sposta l'osservatore dal centro ad una semplice componente del sistema ed esclude che qualsiasi descrizione dei fenomeni sia obiettiva: essa appartiene sempre al dominio di descrizione di chi osserva ed ha senso solo in un contesto determinato".
Due note e una curiosità
Prima nota: le prefazioni sono a mio avviso essenziali non solo per comprendere il contesto in cui è nata l'opera ma, soprattutto, per potere intuire quanto radicale e gravida di conseguente questo sforzo teorico sia stato per diverse discipline (a partire dalla biologia dei sistemi viventi).
Seconda nota: la traduzione del secondo saggio (Biologia della Cognizione) di Alejandro Orellana, edizione 1972 (ISBN: 9788834010617) mi sembra molto più chiara, precisa e comprensibile della traduzione dall'inglese di Alessandra Stragapede, edizione 1985, riedita 2008 (ISBN: 9788831747783).
La curiosità: le prefazioni al testo sono a firma di Giorgio De Michelis, che risulta docente di informatica all'Università Milano-Bicocca, anche se, andando sul sito dell'Editore Marsilio, alla sezione del testo in oggetto, la prefazione risulta a cura dell'ex-ministro e docente di chimica Gianni De Michelis.
Ora, va bene che il punto G segnala sempre dei problemi di identificazione, e così forse anche il G punto, ma addirittura scambiare nome nelle firme di un testo, o sul sito della casa editrice, bé, sarebbe meglio evitarlo.
P.S.: tanto per mitigare (non togliere) i dubbi, le prefazioni dovrebbero essere di Giorgio De Michelis, anche se un'ipotesi potrebbe basarsi sul fatto che De Michelis, il Gianni, abbia come nome pure il Giorgio. Mah. Lascio a voi risolvere l'arcano...:-)
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