"Riponiamo le nostre speranze più profonde nella tecnologia, ma ci fidiamo della natura".Così, a pagina 5 dell'edizione italiana, Brian Arthur ci racconta di due pulsioni, speranza e fiducia, entrambi forti, che stanno "definendo l'epoca presente più di ogni altra cosa". Un'epoca ricca di tecnologia. Però sappiamo davvero poco su di essa. "Manca", scrive l'autore, "una teoria della tecnologia, manca la '-logia' della tecnologia". Con questa assenza entriamo nel testo.
Un testo in cui l'autore procede con uno stile serrato, ripetendo e chiarendo ogni concetto, ogni parola; affrontando sistematicamente ogni zona d'ombra, eliminando quante più ambiguità possibili che potrebbero emergere da ogni passaggio. E scrive avanzando con passi metodici e autorevoli nel dis-piegare la struttura e i principi alla base di quel termine e fenomeno difficile da "raccontarsi" che è la tecnologia. La lettura è piacevole, perché ricchissima di esempi pertinenti e illuminanti, e fluisce sì basandosi sulla ripetizione, per mezzo della quale ogni capitolo è concatenato al seguente, ma è una ripetizione con variazione, una sorta di 'Bolero letterario' che estrae dal cappuccio magico di un prestigiatore della divulgazione scientifica una serie di conoscenze sulla tecnologia che, scrive l'autore, "è troppo importante per essere lasciata agli esperti".
Brian Arthur è un ingegnere appassionato, che ha la capacità di stupirsi di fronte a ciò che evolve intorno, al mondo che muta, tra l'altro in simbiosi con una entità, la tecnologia, che è davvero complicato capire nell'essenza. E Brian Arthur è uno scrittore maledettamente bravo a riconoscere lo stupore e da quello a stupirci, con un saggio moderato, ma perentorio, potente, culturalmente radicale ed innovante. Non solo per la tecnologia in sé, che è oggetto del libro. Ma per il metodo che insegna: per studiare e per poi chiarire a se stessi e divulgare. Per il rigore cercato in ogni istante, il filo del discorso sempre teso, mai lasco, che trasforma la lettura in prima conoscenza e che, posato il libro, ti lascia la mente aperta alla scoperta e uno sguardo nuovo. Tecnologia della mente allo stato puro.
Se questo è lo stile, che si fonde con il contenuto del testo, quest'ultimo mira a definire la tecnologia, a spiegarne la nascita e, quando è il caso, l'evoluzione. Non è roba da poco. Dietro c'è un'immensa esperienza e altrettanto vasta cultura. Qui provo a dire qualcosa su quanto scritto dall'autore, limitandomi ai punti principali e alle modalità fondamentali del suo narrare... il piacere della scoperta sta nel leggere, confrontare, confutare, apprendere...
La tecnologia nasce quando si riesce ad imbrigliare dei fenomeni naturali. Di fatto, nulla è più 'naturale' della tecnologia. La quale, tuttavia, non emerge dal nulla, ma ha un suo ciclo di esistenza: ed occorre comprenderlo.
Scrive l'autore a pagina 16: "E' mia intenzione cominciare "da zero", senza dare nulla per scontato a proposito della tecnologia. Costruirò la mia argomentazione pezzo per pezzo, a partire da tre principi fondamentali: [...] le tecnologie, tutte, sono combinazioni; [...] ogni componente di una data tecnologia è in sé una tecnologia; [...] tutte le tecnologie imbrigliano, o catturano se si preferisce, e sfruttano qualche effetto o fenomeno naturale, e di solito più di uno". Tolgo subito ogni dubbio al lettore accorto: saranno anche "principi", ma l'autore non lascerà il primo e il secondo capitolo senza prima averli spiegati, discussi, dimostrati uno per uno. E' il bello di questo saggio: nel limite, non è ideo-logico, ma logico.
Partendo da zero, Brian Arthur inizia a delimitare l'oggetto di indagine con delle definizioni, tutte descritte e circoscritte; poi illustra il metodo che seguirà nel testo, ed alcuni attrezzi utili tanto in ingegneria quanto in letteratura, per non dire nella vita quotidiana! Alcuni concetti-metodo ricorrenti saranno la 'ricorsività', la 'ri-configurabilita', 'modularità', 'architettura operativa', 'principio combinatorio', 'auto-similarità'... e via dicendo.
Io riassumo sostenendo che, banalmente, ci sono due modi per analizzare i fenomeni o gli oggetti.
Il primo consiste nell'analizzare, cioè scomporre il fenomeno o l'oggetto, al fine di ridurlo alle componenti minime, nelle quali l'analisi si risolve e si conclude, fornendo una fenomenologia precisa e monadica del componente.
Il secondo consiste nell'analizzare, cioè scomporre il fenomeno o l'oggetto, in parti minime, al fine di ricondurle in una più ampia rete di relazioni entro cui i componenti, così artificiosamente separati, si ricollocano per dare il senso del fenomeno o dell'oggetto che li comprende, senso che è ulteriore rispetto alla sommatoria dei sensi delle parti minime prese a sé stanti, senza l'immersione "nelle relazioni".
Ecco, Brian Arthur segue la seconda via: un'analisi estrema e dettagliata del componente una struttura per comprendere l'organizzazione della struttura, il suo nascere ed il suo evolversi. L'analisi è graduale, prevede delle intra-strutture che informano le strutture al livello superiore: è il caso dei "domini tecnologici" definiti dall'autore quali raggruppamenti, corpi di tecnologie. Combinando e ricombinando domini, intersecandoli, la tecnologia cambia. Nel processo storico, medesime funzioni possono essere riformulate in domini diversi: questo è il nocciolo dell'innovazione. Innovare è spesso 'ricollocare' in mondi possibili diversi.
Riconciliando la prospettiva di ricerca analitica e relazionale con il tempo, quello storico, in cui la tecnologia è apparsa o appare, ecco che le categorie ideologiche alla base di una vasta serie di studi sulla tecnologia si sciolgono in determinazioni coerenti e sensate che considerano l'economia e le vicissitudini sociali e culturali di un'epoca, non potendo da queste ultime prescindere (un dominio è sempre collocato).
La storia rientra in campo, laddove l'analisi a-storica e a-settica della tecnologia come "essenza dello sviluppo" l'aveva cacciata. E ci rientra non più come teleo-storia e determinismo storico, come freccia del mutamento lineare diretta al futuro, movente in sé e per sé le "umane sorti progressive"; bensì come contesto entro cui un fenomeno quale la tecnologia può trovare il modo di svilupparsi. Così come si possono sviluppare, entro il mondo storico, altre forme espressive umane quali l'arte o il racconto (di fatto anch'esse, per parte loro, sono tecnologie). O i mutamenti del pianeta e di ciò che sta intorno.
Il contesto, che include storia e società, è ciò che consente il fermentare di una serie di idee e di focalizzazioni su aspetti della natura, che costituisce il terreno (potenzialmente) fecondo in cui alcune tecnologie sono 'pronte' a nascere. L'autore precisa bene che la nascita non comporta un impatto netto ed immediato sul circostante: come una sorta di tecno-neotenia, anche la tecnologia, per sopravvivere e, se è il caso, evolvere, deve intrecciarsi con le esigenze ed i bisogni del tempo storico, che accompagna ogni tecnologia verso il proprio destino: la diffusione ed il perfezionamento o la morte.
L'economia è legata a filo doppio con la tecnologia: non esiste una direzione univoca, una sorta di determinismo ora tecno-guidato, ora eco(normo)-guidato. Piuttosto c'è un reciproco rinforzo che attua modificazioni radicali solo quando si raggiunge una massa critica di sapere e di applicazione tecnologica tale da potersi confrontare con la massa di informazioni e pratiche di una economia, localizzata e, inutile dirlo, storicamente individuata.
Come enuncia felicemente l'autore, "i diversi elementi dell'economia (industrie, aziende e prassi commerciali) non adottano il nuovo dominio [tecnologico], piuttosto lo incontrano. Da questo incontro nascono nuovi processi, nuove tecnologie e nuove industrie" (p.134). Per comprendere il nesso tra economia e tecnologia occorre prendere atto che, in quanto artefatto complesso, l’innovazione tecnologica va oltre l’intenzionalità dei singoli agenti. Il che, ricorda l’economista Cristiano Antonelli nell’introduzione italiana al testo, “permette di arricchire sostanzialmente l’intuizione arrowiana e fornisce un contesto entro il quale l’analisi dell’innovazione tecnologica come forma specifica di azione economica può progredire significativamente”, nonché consente di “afferrare appieno il motore basilare dell’interazione dinamica e autosostenuta fra tecnologia ed innovazione”. È la presa di consapevolezza che il determinismo tecnologico non è in grado di comprendere il ruolo degli agenti innovatori in economia, né è lecito estraniarli nei sistemi predittivi dell’intersezione tra domanda ed offerta. Non si può più accettare che, nell’analisi economica, la tecnologia sia un fattore esogeno. Essa è piuttosto (anche) il prodotto dell’azione economica. Si apre un mondo nuovo… Tanti altri spunti emergono dal testo, ma è ora di congedarci. Con una specie di sillogismo.
Sintetizza infatti Brian Arthur: "Ogni mezzo per raggiungere uno scopo è una tecnologia".
L'autore si è riproposto di diffondere presso il più ampio pubblico il proprio discorso sulla tecnologia, sulla sua natura ed evoluzione (lo scopo). Il libro (il mezzo) è quindi tecnologia. Che evolve.
Voi l'avete letto cartaceo o in edizione digitale? ;-)