... Rigenerare la parola politica ...
Di questo testo di Edgar Morin (pubblicato per la prima volta nel 1981) voglio citare una parte che mi ha colpito, tra le tante, più che abbozzarne una recensione. Dice Morin, parlando della missione dell'intellettuale nell'epoca moderna: "[...] ed è qui che appare la necessità, non più di un sottointellettuale che le subordini, non più di un sovraintellettuale che le sottovaluti, ma di un metaintellettuale che riconosca le condizioni complesse del pensiero, della teoria, dell'azione.
Il metaintellettuale cercherebbe di lottare in continuazione contro il sacerdote-mago che tende a rispuntare in lui. Dovrebbe ricordarsi in continuazione che, professando una delle carriere più egocentriche, quella di un autore che impegna la sua personalità in ciò che scrive e che cerca senza freni il riconoscimento, la consacrazione, la "gloria", non potrà sfuggire alle meschinità, alle vanità, alle scemenze dell'egocentrismo; questa consapevolezza lo inviterebbe a lottare costantemente contro quell'egocentrismo, nell'autoanalisi e attraverso l'autoanalisi permanente. Il metaintellettuale dovrebbe saper lottare contro la propria tendenza al disprezzo, alla denuncia, alla scomunica. Dovrebbe diffidare dell'autointossicazione ideologica (poiché la malattia sua propria è evidentemente quella di scambiare l'idea con la realtà). Dovrebbe tentare di vivere con l'incertezza, e non volerla più esorcizzare rabbiosamente. Dovrebbe infine lottare contro la semplificazione e l'arroganza. Vediamo così che la lotta contro l'errore coincide con la lotta contro se stessi, la quale coincide con la lotta per se stessi [..]" (corsivo nel testo).
Il testo è scorrevole e, nella edizione della Erikson (ISBN: 978-88-6137-552-9) del 2009 è arricchito da una nota introduttiva del traduttore Sergio Manghi che, in pochi paragrafi, schizza il volto e l'in-genio dell'autore. Sempre nel testo, a conclusione, segue una suggestiva intervista a Edgar Morin da parte di un filosofo francese, realizzata nel 2001 in occasione dell'ottantesimo compleanno di Morin. E infine, ancora, "Il complesso, l'uomo, l'opera", prolusione omaggio all'autore per il suo ottantesimo compleanno tenuta da Alain Touraine, all'epoca direttore di ricerca all'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales.
Insomma un testo ricco e al contempo sintetico, cui si può, per esempio, associare anche il seguente breve libretto:
"Educare per l'Età Planetaria, ovvero "Il pensiero complesso come metodo di apprendimento", dove gli autori (oltre a Morin, Emilio-Roger Ciurana e Raul Domingo Motta) accennano a come modellare nuove discipline di pensiero che aiutino i formatori e i formandi a formarsi nell'era della complessità...
Blocco appunti per ragionare, cioè -più o meno- parlare, almeno ogni tanto, con la propria mente...
martedì 27 aprile 2010
sabato 17 aprile 2010
GAIA
"Gaia", scritto nel lontano 1979 per la Oxford Press, è un testo che tenta di spiegare il proprio titolo lungo se stesso, avvalendosi, e per l'epoca non è cosa così nuova, di un pensiero olistico, sistemico, attraverso il quale il chimico e divulgatore James Lovelock cerca di dare ragione della formazione di un concetto nuovo: Gaia da intendersi come sistema interconnesso e regolato da bio-feedback, in grado sostenere l'evoluzione della vita sul Pianera Terra.
L'autore illustra, con una prevalenza per la chimica, le azioni e le retroazioni a-biologiche (e poi biologiche) che hanno reso possibile la creazione di una biosfera omeostatica e stabile, in grado di ospitare la vita degli esseri a base di carbonio, quali gli esseri umani.
L'autore vuole ricondurre ad una valutazione realistica anche le potenzialità dell'azione umana entro Gaia. Gaia, secondo Lovelock, è più pronta di quanto pensiamo a reagire ai turbamenti che, come l'inquinamento o i dissesti provocati dall'uomo, deve fronteggiare anche a causa dello sviluppo tecnologico.
In questo, lo sguardo di Lovelock è paticolarmente lucido: non critico verso l'ecologia, ma verso quelle degenerazioni paralizzanti che non colgono il senso vero della parola, e cioè un 'discorso sulla *struttura casa* che è Gaia', struttura che si trova pronta ad autoregolare chimicamente il proprio equilibrio, anche a fronte di un aumento enorme della popolazione terrestre o di tecnologie potenzialmente distruttive. In altre parole, l'ipotesi di Gaia, in quanto tale, necessità di una mole enorme di dati per comprendere veramente se e come agire. E noi uomini, scrive l'autore, non ne disponiamo ancora a sufficienza (almeno, nel 1979, quando il testo fu redatto, ma in prospettiva anche adesso, leggendo altri suoi testi) per prendere decisioni complesse, per esempio quali azioni intraprendere in modo efficace per il buco nello strato di ozono o per le piogge acide.
Non è un'astenersi dalla responsabilità: tutt'altro. Citando l'autore: "Non vi possono essere prescrizioni o insieme di regole per vivere su Gaia. Per ciascuna delle nostre diverse azioni vi sono solo conseguenze". Nei nostri limiti, dobbiamo tenerne conto ogni giorno.
Link all'ipotesi "Gaia" su Wikipedia.
L'autore illustra, con una prevalenza per la chimica, le azioni e le retroazioni a-biologiche (e poi biologiche) che hanno reso possibile la creazione di una biosfera omeostatica e stabile, in grado di ospitare la vita degli esseri a base di carbonio, quali gli esseri umani.
L'autore vuole ricondurre ad una valutazione realistica anche le potenzialità dell'azione umana entro Gaia. Gaia, secondo Lovelock, è più pronta di quanto pensiamo a reagire ai turbamenti che, come l'inquinamento o i dissesti provocati dall'uomo, deve fronteggiare anche a causa dello sviluppo tecnologico.
In questo, lo sguardo di Lovelock è paticolarmente lucido: non critico verso l'ecologia, ma verso quelle degenerazioni paralizzanti che non colgono il senso vero della parola, e cioè un 'discorso sulla *struttura casa* che è Gaia', struttura che si trova pronta ad autoregolare chimicamente il proprio equilibrio, anche a fronte di un aumento enorme della popolazione terrestre o di tecnologie potenzialmente distruttive. In altre parole, l'ipotesi di Gaia, in quanto tale, necessità di una mole enorme di dati per comprendere veramente se e come agire. E noi uomini, scrive l'autore, non ne disponiamo ancora a sufficienza (almeno, nel 1979, quando il testo fu redatto, ma in prospettiva anche adesso, leggendo altri suoi testi) per prendere decisioni complesse, per esempio quali azioni intraprendere in modo efficace per il buco nello strato di ozono o per le piogge acide.
Non è un'astenersi dalla responsabilità: tutt'altro. Citando l'autore: "Non vi possono essere prescrizioni o insieme di regole per vivere su Gaia. Per ciascuna delle nostre diverse azioni vi sono solo conseguenze". Nei nostri limiti, dobbiamo tenerne conto ogni giorno.
Link all'ipotesi "Gaia" su Wikipedia.
giovedì 15 aprile 2010
YOU ARE NOT A GADGET
...un testo che dialoga, che riflette su quanto la cultura stia in parte declinando verso forme di assenza di significato che stanno sotto la nuvola 2.0, applicata un po' a tutto quanto di 'reale' passa attraverso la rete.
Analisi lucida del presente, delle potenzialità passate delle tecnologie e di quelle future, ma con una PARTECIPAZIONE intellettuale ed emotiva che è di pochi, di chi sa pensare con lungi-miranza, in una visione prometeica che dà luce e offre un miliardo di stimoli di riflessione per non cadere nell'oblio. Ma senza essere pedanti, senza essere insegnanti, e men che meno 'guru': con una umiltà che si riconosce nel vero 'scenziato' quanto è anche fantastico 'umanista'. Da leggere. Davvero.
- Altro materiale direttamente dal sito di Jaron Lanier.
- Un articolo tratto dal Sole24Ore sul testo.
Analisi lucida del presente, delle potenzialità passate delle tecnologie e di quelle future, ma con una PARTECIPAZIONE intellettuale ed emotiva che è di pochi, di chi sa pensare con lungi-miranza, in una visione prometeica che dà luce e offre un miliardo di stimoli di riflessione per non cadere nell'oblio. Ma senza essere pedanti, senza essere insegnanti, e men che meno 'guru': con una umiltà che si riconosce nel vero 'scenziato' quanto è anche fantastico 'umanista'. Da leggere. Davvero.
Alcuni link:
- Altro materiale direttamente dal sito di Jaron Lanier.
- Un articolo tratto dal Sole24Ore sul testo.
- Copyrighted Amazon.com Review:
Amazon Best Books of the Month, January 2010: For the most part, Web 2.0--Internet technologies that encourage interactivity, customization, and participation--is hailed as an emerging Golden Age of information sharing and collaborative achievement, the strength of democratized wisdom. Jaron Lanier isn't buying it. In You Are Not a Gadget, the longtime tech guru/visionary/dreadlocked genius (and progenitor of virtual reality) argues the opposite: that unfettered--and anonymous--ability to comment results in cynical mob behavior, the shouting-down of reasoned argument, and the devaluation of individual accomplishment. Lanier traces the roots of today's Web 2.0 philosophies and architectures (e.g. he posits that Web anonymity is the result of '60s paranoia), persuasively documents their shortcomings, and provides alternate paths to "locked-in" paradigms. Though its strongly-stated opinions run against the bias of popular assumptions, You Are Not a Gadget is a manifesto, not a screed; Lanier seeks a useful, respectful dialogue about how we can shape technology to fit culture's needs, rather than the way technology currently shapes us.sabato 10 aprile 2010
CONNECTED
Connected (The Surprising Power of Our Social Netwoks and How they Shape Our Lives) è un testo intrigante, ricco, in grado di dire qualcosa di nuovo sulle 'social networks', studiate con attenzione tipica dello psicologo sperimentale e del fisico e la vividezza accattivante dell'antropologo che si fa sociologo. E' un testo che ti prende, per nulla noioso, basato su una serie vastissima di esempi che partono dalla diffusione dell'isteria nei primi anni del XX secolo, passeggia ancora più indietro nella trasmissione documentata di certi tipi di comportamenti, e perché no, anche di germi e batteri, tra le genti di diversi paesi del mondo, ritorna al presente e ad internet, spingendosi sino ai fenomeni emergenti, quali urban blogs, siti quali Facebook, Twitter e quelli che invece sono morti, passando per la famosa pandemia di Second Life, nonché per i reality show, in un continuo andare e tornare dalla realtà alle reti che la costituiscono... e via dicendo.
Ma non leggerete lo stesso testo generico sulle reti, su internet, sull'emergenza dei fenomeni: questo testo è "unico" perché sintetizzando e rielaborando una mole immensa di dati e di esperimenti studia il legame, il collegamento, la funzione che ha il posizionamento entro una rete, in rapporto agli altri nodi e, in particolare, agli individui. Elaborando una serie di dati di diversa origine (indagini dall'era della pietra in avanti, su scala micro- e macro-) sul mondo umano, animale, cibernetico, informatico, con la capacità di studiarvi sopra ed elaborarvi nuovi modelli di relazioni (la creatività, la curiosità e la capacità di vedere i legami deboli tra aree di studio apparentemente distanti di questi due scienziati è eccezionale, da scienziati, nel vero senso della parola), i due autori ci affascinano su come le scelte dell'individuo siano intrinsecamente legate al mondo sociale (o di scelta asociale) in cui egli si trova. Possono sembrare elementi banali, e alcuni esperimenti si trovano citati in altri testi, ma è il modo in cui nuove leggi individuate elaborando masse così diversificate di dati, con un approccio da laboratorio e la borsa del buon senso sempre accanto, che non lascia deluso il lettore. Alcune leggi hanno un grado di predittività tale da risultare utilissime nello studio di pandemie, di comportamenti anomali, ma di massiva diffusione, di normali comportamenti di scambio, ma che le teorie del mercato non sono in grado di spiegare, delle relazioni sentimentali, personali e di massa.
Difficile è fare una sintesi, perché gli stimoli sono innumerevoli, specie per chi, psicologi della rete, sociologi, specializzandi in infettivologia, medici, informatici, possono nel loro proprio lavoro trarre spunto dalle ricerche presentate e replicarle, aggiungendo tutte quelle variabili che, in una vita e in un libro, davvero non possono essere contenute.
Quanto alla leggibilità il testo, sinora edito solo in inglese, è una favola: l'inglese usato è pulito, scorrevole, formulato per capire ogni passo del ragionamento e poi leggero, via, verso le conclusioni o le nuove indagini.
Quanto alla grafica, il testo inglese è corredato di 8 tavole su carta lucida che evidenziano elaborazioni di reti di persone estratte da studi reali ed esemplificano i concetti del testo. Oltre alle tavole il testo è completato da disegni e grafi in bianco e nero, parte degli autori, parti estratte da altri studi.
La bigliografia è per capitoli. L'indice analitico è ben strutturato.
Anche i soliti ringraziamenti finali sono in realtà proiettati in un grafo della rete che, costruendosi, li ha permessi.
Da leggere.
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