giovedì 2 febbraio 2017

martedì 22 novembre 2016

Siamo arrivati al punto che... DI AUTO SRL -VIA MARIE CURIE 1 - 10073 CIRIÈ - TORINO - TO

In Italia siamo arrivati al punto che, al momento di ritirare un'automobile, dopo normale cambio gomme invernali e manutenzione, il responsabile del concessionario possa fare in sequenza, di fronte al cliente e poi contro il cliente le seguenti azioni:
- insulti una propria dipendente di fronte al cliente, impedendole di compiere il proprio lavoro (emettere fattura)
- dopo che il cliente ha fatto notare che ci si può comportare con più moderazione, il responsabile del concessionario:
  1. insulti ulteriormente il proprio personale
  2. insulti il cliente (il sottoscritto) che non si è fatto i ca##i suoi
  3. chieda al cliente il numero di cell per mandare un CV alla concorrenza, visto che la casa madre (che gli dà lavoro!) è incompetente (cioè: vendi auto di quella casa madre e di fronte al cliente dici che è una schifezza e che sono babbioni che non gli fanno chiudere i conti... mah, vedete voi)
  4. insulti il cliente che è, dal suo punto di vista, un "fottuto dipendente pubblico"
  5. insulti il cliente che "ha una bocca solo per parlare a vanvera"
  6. non ascolti quanto il cliente ha da dire e gli chiuda (davvero!!!) in faccia una porta (di quelle pesanti, a prova di botta, non so se si intende)
  7. quando il cliente, irritato, lo manda a fare in c##o, il gerente ritorni "quasi" per dargli un pugno, ma si fermi all'ultimo pensando (forse) alle conseguenze
- se ne vada mandando di nuovo a quel paese il cliente...


Ora, signore e signori, dove può accadere un agire così "fuor di sesto"?
In Italia: solo qui.
Poi il cliente provvede a segnalare la cosa alla casa madre straniera (sollecita, attenta e cortese) e si apre un dossier.
Come finirà?
Non lo so. Il cliente non vuole soldi, non vuole vendetta, non vuole nulla se non il rispetto delle persone e della giustizia che, nella figura di questo gerente della DI AUTO SRL di Via Marie Curie 1 di Ciriè, sono state tutte e simultaneamente calpestate.


mercoledì 20 luglio 2016

FACEBOOK DOWN

Eh sì, da questo mese caldo, ma non troppo, del 2016, ho cancellato il mio account facebook. Chi se ne frega, direte voi. Appunto! :-)

Saluti!

venerdì 3 aprile 2015

E' UN BLOG MA E' ANCHE UN SITO: DANIELA BERIA DISEGNI

Certo, di opzioni, in rete, ormai ce ne sono molte. Quella che ha scelto l'artista Daniela Beria -che, tra le altre cose, è mia sorella :-) - è di miscelare la dinamicità di un blog con una serie di pagine relativamente fisse. Parte dei suoi lavori la puoi dunque vedere seguendo il link: danielaberia.wordpress.com 

Troverai un vero e proprio blog, ma anche raccolte di alcuni lavori 'di annata', una serie di concept e il ricordo di alcuni eventi.

Ognuno ci troverà, chissà, qualcosa di sé. 

Io ci trovo una espressione molto bella di Daniela.

Hispaniola, Acquerello e Porporina, 2012

sabato 2 marzo 2013

FASHION_ABILITY: UN PROGETTO DI RISCOSSA


Un progetto di riscossa. Ecco, in questo senso va letto, interpretato e diffuso il comunicato stampa di Noria Nalli, 47 anni, due figlie e una laurea in Filosofia, una giornalista e una donna che vive con la Sclerosi Multipla (SM).
Ricorda Noria: "Dobbiamo cercare di non perderci. Ricordate sempre che siamo la banda degli SCLERATI!", ripeteva spesso Katia, la sua compagna di stanza al reparto neurologia. Perché è sempre vivo il ricordo del primo ricovero dopo la diagnosi ed i compagni di avventura, alle prese con una malattia "pazza ed imprevedibile", ancora poco conosciuta, che spesso incute terrore solo a nominarla . 
Noria si considera una sclerata particolare: una "Sclerotica" per l'esattezza. Dice: "Ho le mie paturnie, i miei momenti di ribellione e di crisi, ma è forte in me il lato erotico, artistico, vitale, ironico. Vivo la vita come un film, un racconto avvincente. Infatti, oltre a realizzare pezzi giornalistici (collaboro con "Vita"), scrivo racconti brevi"Ritratti di corsia" per la cronaca di Torino de La Stampa.
Perché è vero che la Sclerosi Multipla ti sconvolge la vita. Ma ci sono persone, come Noria, che tra un ritratto di corsia e l'altro hanno la straordinaria capacità di vivere e con-dividere la malattia e, soprattutto, di pro-gettare, di scagliarsi innanzi e creare eventi ed opportunità.

Non ultimo il ciclo di incontri che partirà il prossimo 7 marzo a Torino: una giornalista con la sclerosi multipla, una critica cinematografica disabile e una stilista si incontreranno per discutere di bellezza, moda, sesso e disabilità. 

Titolo: Fashion_ability
Quando: tutti i giovedì sera di marzo 2013 dalle 21.00 alle 23.00
Dove: presso la Casa del Quartiere di San Salvario, in Via Morgari 14 a Torino
Come: per iscriversi basta inviare una mail a fashionability.torino@gmail.com

C'è un'immagine che veicola una potente riflessione. La sirena. Già, che ci fa una sirena fuor d'acqua, sulla terraferma? 



Bé, in questo ciclo di incontri, in questo progetto, ne sapremo qualcosa in più!

Riporto il comunicato stampa, quello del progetto di riscossa, quello di cui accennavo ad inizio di questo post:

"L’equilibrio che non è più lo stesso ed impedisce di indossare quelle belle scarpe col tacco che ci piacevano tanto, la figura che appare appesantita per il  cortisone e lo scarso movimento, talvolta poi bisogna usare quei pannoloni, che non sono certo molto sexy, la difficoltà nei movimenti, che rende più pesante il momento della cura della persona. Avere un aspetto elegante e piacevole non è sempre facile per noi sclerotici. Ricordo ancora che, quando ho scoperto di avere la SM, avevo detto a mia madre “Ok, magari finirò in carrozzina, ma voglio essere bella!”. Ecco, devo dire di non aver tenuto fede a quel proposito. Ora però vorrei rifarmi e prendermi una rivincita col destino, come Mirella Santamato, che decise di sfilare in passerella, anche se in carrozzina o  con il bastone. Di seguito quindi copio e incollo il comunicato stampa del mio progetto di riscossa. UDITE UDITE!!!

La tematica è sicuramente sentita e di attualità, se persino Lady Gaga ha provato il bisogno di “provocare”, andando sul palco in carrozzina e vestita da sirena. Il mitico personaggio è infatti il simbolo della condizione in cui vivono le donne disabili, legate nei movimenti ed incapaci di condurre una esistenza autonoma sulla terra. La creatura marina, impedita nella deambulazione, ma dotata di un grande potere seduttivo è anche l’immagine simbolo di Fashion_ability, il ciclo di incontri che partirà il prossimo 7 marzo a Torino. Una giornalista con la sclerosi multipla, una critica cinematografica disabile e una stilista si incontreranno per discutere di bellezza, moda, sesso e disabilità tutti i giovedì sera di marzo dalle 21.00 per 2 ore alla Casa del Quartiere di San Salvario, in via Morgari 14 a Torino; per iscriversi è necessario inviare una mail a fashionability.torino@gmail.com   
La sirena, nella fiaba di Andersen, ripudia la sua natura, rinunciando alla sua voce ammaliante, in cambio di due gambe umane e l’accettazione del proprio corpo sembra essere il vero nodo del problema, parlando di moda e disabilità. “Le mie esperienze di ricovero e di donna in carrozzina sono testimonianza di un pregiudizio sul disabile come essere asessuato a cui non è concesso un abbigliamento, che esprima fascino o un barlume di personalità”, racconta Noria Nalli, che cura sulla cronaca di Torino de La Stampa, una rubrica di racconti brevi, poetici e lievi ritratti di corsia sulle sue esperienze ospedaliere. “Io non amo le categorizzazioni, che distinguono una moda per taglie forti (curvy, come si dice ora) o per disabili". "L’approccio alla moda è unico", spiega invece Serena Poletto Ghella, "per essere eleganti bisogna raggiungere l’auto-consapevolezza di cosa “fa bene” alla propria figura. E’ una ginnastica mentale anche terapeutica. Si scelgono i capi che sono economicamente alla nostra portata ed in grado di valorizzarci al meglio. Avendo dei limiti fisici è più difficile, ma assolutamente non impossibile. Un disabile ha, nel suo disagio, un doppio stimolo a mostrarsi al meglio come impegno sociale nei confronti di chi vorrebbe discriminarli”. Per documentare l’esperienza, aprire riflessioni e dibattiti, oltre a raccogliere commenti,gli incontri saranno seguiti passo passo dalla giornalista, sul suo blog
http://ritrattidicorsia.overblog.com 
Speriamo che riescano a fare tendenza. In fondo Torino una volta era la capitale della moda: potrebbero nascere delle rivoluzionarie icone di stile, nella vita e nell'abbigliamento".

Noria rilancia:
"Che ne dite, ce la faremo? E mi raccomando sclerotiche torinesi, partecipate e diffondete la voce".

Mi unisco e rilancio anch'io: partecipate e diffondete la voce!!!

Aggiornamenti ed info su: http://blog.vita.it/sclerotica/


martedì 23 ottobre 2012

DANIELA BERIA: PROFESSIONE ARTISTA (TRA L'ALTRO)

Ebbene sì, questo post è un(a) pro-post(a) di avvicinamento al mondo artistico e non solo di mia sorella, Daniela Beria.
Questo perché la forma, il tratto, il colore sono elementi espressivi di realtà e mondi possibili altrettanto potenti e semiologicamente ricchi, di quelli testuali cui, in genere, io mi riferisco in questo blog.
Il vegetale e l'animale afferiscono alla categoria del reale: al di là di ogni semiosi, essi vivono nella rappresentazione quali fenomeni osservabili e visibili e, solo in un secondo tempo, simbolici.
Non so che cosa un artista colga (in) o voglia trasmettere (in) ciò che rappresenta con il tratto grafico. Nel mio piccolo, penso che il movente sia una passione in parte innata, in parte coltivata, che rende ragione della personalità di una donna o di un uomo. Atto di comunicazione, dunque. E di espressione, inoltre.
Comunicazione, perché mette in comune con gli altri un prodotto della propra percezione.
Espressione
, perché si spreme, letteralmente, dalla parte più intima della persona. E si protende all'esterno, ai nostri occhi, in primis; in generale ai nostri sensi, in un'ottica sinsemica.
Comunicazione ed espressione sono atti reali che da sempre mi affascinano, nelle loro diverse manifestazioni.
Per questo rimando agli atti comunicativi ed espressivi di mia sorella, in modo tale che questi possano intersecarsi con le esperienze più diverse, dibattersi e scontrarsi nel mondo degli oggetti reali rappresentati o inventati, affiliarsi o congedarsi da stimoli artistici di provenienza esterna: in altre parole, e concludo, confrontarsi con ciò che sta al di là di ogni soggettività e, nel confronto, arricchire ogni parte.
Buona condivisione!

Daniela Beria sul Web, sito ufficiale
Daniela Beria su Facebook, pagina personale
Daniela Beria su Facebook, pagina artista

Colibrì, particolare.
Daniela Beria

sabato 11 agosto 2012

RUSSITALIANS 2012!


Dopo il meraviglioso viaggio tra Svezia, Norvegia e Danimarca, ecco, a seguire, un altrettanto intrigante ed istruttivo viaggio nella Federazione Russa, tra San Pietroburgo, Mosca e le città dell'Anello d'Oro!Il viaggio è stato intenso e, in parte, anche faticoso: ma ne è valsa la pena, sia per quanto visto con gli occhi, sia per quanto appreso con l'occhio della mente. Perché, mi sento qui di dire, per quanto visto, esistono tante 'Russie', unite dal filo rosso di una storia che semplice non è.

Il materiale raccolto in itinere è in via di reperimento e organizzazione. Operazione lunga, ma piacevole, perché, come già detto per la Scandinavia, consente di ripercorrere i sentieri seguiti e di (ri)collocarli in memoria: la nostra personale e quella digitale di cui oggi possiamo avvalerci! 

Su Flickr, nell'album che ora si chiama "Scanditalians2012 & Russitalians2012!", sono appena nati due nuovi set di fotografie, ricchi di una variopinta quantità di scatti realizzati qua e là, nelle diverse tappe del tour.  

Nel secondo set c'è qualche ripetizione... ma, come detto, i lavori sono in corso: i commenti alle fotografie sono assai ben accetti...
E qua e là, tra una guglia e l'altra, ci siamo noi, il gruppo dei Russitalians 2012! :-)

Questo, per iniziare con qualche assaggio fotografico... Poi, come tipicamente avviene giocando con i mattoncini del Lego, chissà che il nostro castello dei ricordi non si ampli, a mezzo di video, fotomontaggi e... di quel che sarà! 
A presto!

mercoledì 4 luglio 2012

SCANDITALIANS 2012!

Eccomi qui a postare su questo blog qualche link ad un bellissimo viaggio tra Svezia, Norvegia e Danimarca...
Un viaggio con altre persone simpatiche e piacevoli con cui si è deciso di condividere una etichetta... una sorta di traccia nel ricordo del tempo passato insieme. Sta nel titolo del post: 'Scanditalians 2012'!

Il materiale è in via di reperimento e organizzazione. Operazione lunga, ma piacevole, perché consente di ripercorrere i sentieri seguiti e di (ri)collocarli in memoria: la nostra personale e quella digitale di cui oggi possiamo avvalerci! 

Ecco allora che su Flickr, scanditalians2012, è appena nato un set di fotografie ricco di una variopinta quantità di scatti realizzata con diversi dispositivi, diverse risoluzioni, immagini in movimento o statiche! Alcune sono un po' sfocate, altre sono meravigliose cartoline, alcune riguardano la natura selvaggia, altre ritraggono scorci di splendide città... 
E qua e là ci siamo noi, il gruppo degli Scanditalians 2012! :-)

Questo, per iniziare con qualche assaggio fotografico... Poi, come tipicamente avviene giocando con i mattoncini del Lego, il nostro castello dei ricordi si sta via via costruendo. E' ora pronto il canale su YouTube con alcuni video caricati. Il nome del canale? Scanditalians2012, ovviamente! Dove trovarlo? Cliccando su questo link... e, by the way, non perdetevi il video 'Tivoli by night!" ;-)

A presto!

sabato 26 maggio 2012

RECENSENDO

Finalmente un po' di tempo per aggiornare il parco recensioni.


Intanto, prosegue il commento ad alcuni testi 'laterali' di Maurizio Ferraris, tra cui:

Quindi, un accenno ad un vocabolario molto utile, laddove si abbia necessità di leggere testi di filosofia che diano per scontata la conoscenza del greco:




Ecco poi un breve pezzo di Jacques Derrida:
-... soprattutto niente giornalisti!






E, tanto per concludere la giornata, un paio di guide utili e ben fatte sulla California:
- California, National Geographic
- California, Mondadori



Questi link (che, puntando ad aNobii, non è detto che funzionino!) in attesa di potere fornire alcune note su alcuni test di Luciano Gallino e su altre opere di Maurizio Ferraris, nonché di Benjamin R. Barber e Jacques Derrida...



Ogni libro... a suo tempo! :-)

giovedì 17 maggio 2012

IL VENTO DEGLI ANNI OTTANTA

(ovvero la notte, l’amore, la vita, il sesso, l’energia, le donne e gli uomini)

... correva il settembre 2001, e così scrivevo...

La musica degli anni ’80 è l’alito della notte, quando ci si può sentire (feeling), quando ci si può toccare, quando si può fare l’amore, giocare con il sesso. Sentirsi vivi nella notte è questo, in quegli anni di boom e di spensieratezza, di luci psichedeliche, artificiali arcobaleni risorti da una depressione lontana.
Si è forti (strong), nella notte, dentro occhi pieni di desiderio e mani e carezze ricche dell’emozione tattile e sensuale di quegli anni. Si sopravvive (to survive) ad ogni incertezza, perché di incertezze, di fatto, non ce ne sono. La vita è energia. L’incontro dei sensi (e nei sensi) è la via. Gli uomini e le donne danzano un fandango lontano da quello infernale dei tempi passati. Il desiderio scivola libero, perché desiderare è libertà, in un’epoca che sta debellando i vecchi tabù, sconfitti dal loro stesso peso.
Il corpo e la danza dei corpi sono i nuovi (in realtà assai vecchi) riti di ingresso nella società del benessere: emozioni fuori controllo sono la regola, non la violazione di regole. Il mondo elettrico è fusione, sintesi tattile di ogni senso, miscela di gusto e di alcol, di nudità e sudore, di provocazione e ritrosie accattivanti. Toccare (to touch) è il verbo che compare più spesso nelle discoteche dell’epoca felice. Il con-tatto, il tatto-assieme, apre le porte ad una nuova consapevolezza, che non esito a definire comunitaria. È la comunità del ritorno ad una adolescenza mai perduta e che non si vuole perdere o, meglio, del movimento di ritorno di chi non vuole più essere-diventare adulto. La vita è adesso. La vita è ora. Che cos’è la vita? La vita è la vita (life is life!).
Siamo ragazzi selvaggi (wild boys) in un mondo ipertecnologico. Creiamo nuove tribù, unite nel suono e nei corpi. Ci controlliamo da soli (self-control): gli adulti non ci giudichino! Ma gli adulti, negli anni ’80, non giudicano per nulla. Tentano semmai, come possono, di vivere quello che i loro figli stanno vivendo: il cielo sereno prima di  una (non prevista) tempesta. Lontani ancora gli ripercussioni degli anni '90, della riflessione, delle eredità perdute, del crollo degli imperi. Inimmaginabili gli anni  '10 del Millennio a venire.
Per ora, non perdere la notte è l’unica via per un senso. La vita e la notte si uniscono in un amplesso che sembra naturalmente, secondo natura, inscindibile. Dolci sogni di libertà (ma che cos’è la libertà?) troneggiano nelle voci e nei mixer elettronici. Una nuova potenza (power, self-power) rinvigorisce gli animi, ancora un poco dispersi e fusi tra acidi e sostanze psicotrope. Tutti possono provare l’esperienza di essere i sacerdoti della nuova epoca, tutti sono in cerca di qualcosa, o di qualcuno (everybody is looking for something!). La tolleranza sembra il codice, ma è tolleranza solo all’interno della tribù-discoteca, mentre, là fuori, blocchi contrapposti scatenano sempre più tiepide battaglie, per poi non lottare più.
Maestosità di archi elettronici, di laser sprizzanti fasci ibridi da plance alla Star Trek, flash ritmanti la vista ed il movimento, bassi da far sussultare stomaco e cervello fanno da sfondo e da primo piano per il living together di quella generazione, che mai sarà sentita così lontana, ed al contempo mai così invidiata, come dai giovani del Duemila. It’s the final countdown: ed è, purtroppo, maledettamente vero. Il conto alla rovescia verso i problemi e le incertezze di fine Millennio sta terminando. E gli anni ’80, nel frattempo, brindano ai suoni ed alle luci futuristicheggianti distribuite dalle multinazionali globali.
Globale è lontano. Disco è vicino, almeno in Europa. La notte è per tutti. All the night is my world, in the day nothing matters, in the night no control, in the night all world is free…Doveva essere così, dovevano sentirsi così, dopo un passato alquanto bizzarro e strano. La ricchezza c’era e, dove non c’era, si doveva simularla. La notte rendeva tutto più semplice…
Altra icona di riferimento per gli spasimanti dell’epoca, quella moonlight shadow, sotto la quale e per la quale si consumavano le prime notti di amore, le prime esperienze pienamente adolescenziali,  quando si svelavano, e sempre più presto, i segreti del sesso, non ancora inquinato e sottoposto al terrorismo dell’AIDS, ebbene, proprio quella luce lunare si andava affievolendo sempre di più, al volgere degli anni ’90.
Da da da da da, da da da da, Life! Intorno al fuoco, in montagna e sulle spiagge, sotto le coperte in un rifugio sperduto, o nei sacco a pelo di fortuna delle spiagge dell’Adriatico (per l’Italia), ovunque la disco creasse comunità, ebbene, lì si inneggiava alla vita, intesa come esplosione di momenti, come vita vissuta, come attimi da carpire con le unghie alla festosa realtà intorno (che già tremasse nell’aria lo spettro di quel che sarebbe venuto dopo?).
Gli anni ottanta stavano creando il mito di se stessi. Mai si era vista una simile autocelebrazione prodotta e consolidata da musica e spettacolo. Vamos a la playa, come dire: siamo di quest’epoca, e lo saremo per sempre. Nessuno avrebbe allora mai potuto prevedere che anche il fortunato Drive in sarebbe scomparso. Gli anni Ottanta ci hanno creato, niente ci trasformerà in qualcosa di diverso. Non fu così.

E ora? Che cosa significano gli anni Ottanta, per noi, adesso?
Risponderò per me. Per me significano un vuoto, una lacuna, una carenza di corpo, sensuale, pressante, inebriante. You can touch me now, this is the night, I wanna feel your body: sono formule magiche in cui non crediamo più. Quando l’individuo e le sue cose si sono fatti dei, bé, anche il calore di quella musica e di quelle notti si è trasformato, come direbbe qualcuno, in “calore di fiamma lontana”. Se c’eri, dovevi viverla quell’epoca. Non si sarebbe ripetuta, non avresti potuto riviverla. Io non c’ero, e l’ho perduta. Ecco il vuoto, la mancanza del ritmo dell’istante, dell’immediato, del non-mediato da tutte le istituzioni che ci ronzano intorno. Mi sono perso parte dell’immediatezza del rapporto con l’altro. Tutto, negli anni ’80, era medium, questo è innegabile. Ma il medium è ciò che, per definizione, sta in mezzo. Si doveva attraversarlo, forse non schivarlo, anche se il costo poteva essere alto. Ora è passato. Il passato non torna, tanto più un passato come quello degli anni ’80, e cioè un passato che doveva rimanere sempre un eterno presente. Ci siamo persi qualcosa. 
Del resto era inevitabile: dopotutto, Life is Life!

P.S.: Mi chiedo spesso perché scrivo.
- Perché scrivo?
L’ho chiesto ad uno che, gli anni ’80, li deve aver vissuti. Ecco la sua risposta:
- Perché…perché “These are the  things I can’t do it without”…

venerdì 20 aprile 2012

ETIMO-LOGICANDO COLLEGA(MENTI)

Dal Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana di Ottorino Pianigiani, consultabile on-line, alla voce 'collega' (il sostantivo, non il verbo appiccicoso, per intendersi) ci sta:
Lat. "Collèga" da "Collígere", riunire, raccogliere insieme, composto di ‘com’=’cum’, insieme, e ‘Lègere’, raccogliere, radunare. - Compagno in alcun ufficio o nell'esercizio di qualche nobile professione.
Ora, l'etimologia è chiara: il collega è un tizio o una tizia con cui sei stato raccolto insieme o fisicamente, in un luogo, tipo un'ufficio; o, in senso lato, in un gruppo anche non fisicamente uni-collocato che esercita una qualche nobile professione.
Nobile, perché una volta il professionista aveva anche di questo, per noi un po’ logoro, aggettivo, che ora appare quasi uno sberleffo autoironico inserito da un diavoletto monello nella definizione di collega.

Prendiamo un dizionario più recente, che so, l'Hoepli. Ecco qui:
Collega - [col-lè-ga] - s.m. e f. (pl. m. -ghi, f. -ghe) - 1 Chi esercita la medesima professione o arte o mestiere: siamo colleghi; onorevoli colleghi .2 Compagno di lavoro, spec. dello stesso.

Già sparisce il nobile aggettivo. Grottescamente un'eco risuona nell'esempio proposto dal dizionario: 'onorevoli' colleghi, che, in genere, è l'appellativo utilizzato dal presidente di Camera o Senato per richiamare (al)l'attenzione (de)i nostri italici rappresentanti. Che, dati i tempi, nobili non lo sono più; onorevoli, bé, diciamo non nel senso etimologico del termine. Forse in un altro senso, quello della legge dell'onore che si rispetta nella malavita rispettabile. Ma questi sono dettagli.

Torniamo al nostro collega di partenza.

Il dizionario ci dice che condivide qualcosa con noi: uno spazio o una attività o, il che va per la maggiore, un mix di entrambi. Tu ed il collega siete in collegamento con il lavoro che fate e con il luogo (fisico o mediato) in cui lavorate. O in cui esercitate la vostra professione che, lasciando da parte quella di fede, significa un lavoro che si esercita pubblicamente, in cui si ha fede (ma non quella implicata prima), per cui siete pronti ad osservare deontologie e a manifestare, insieme, appunto, ai colleghi, una aperta ed esplicita lealtà e, fors'anche, una certa riverenza.

Bene.

Il collegamento che si ha con il collega, naturalmente, non è un rapporto naturale (può diventare sentimentale, ma è un'altra, complicata, faccenda). Si tratta, piuttosto, di un rapporto presidiato dal lavoro o professione in cui si è colleghi. E', per dir così, naturalmente artificiale. Già da qui si può inferire che la base del rapporto con il collega è l'assenza di una base di collegamento che si presenti diversa dalla finalità del lavoro e della professione, base che consiste nell’ottenere qualcosa in cambio della propria opera. Tipo -ma non generalizziamo troppo- uno stipendio o il pagamento di una parcella o anche cose quali la gratificazione e via astraendo, che però sono meno, come dire, basilari, che so, rispetto ad una solida base stipendiale.

Il collegamento che si ha con il collega è quindi un collegamento derivato (o indiretto), cioè che proviene e nasce dall'esigenza di una cosa più ampia che si chiama organizzazione o società o roba simile. In cui i colleghi, di diverso livello, sono collegati con te da basi diverse ancora, tipo quelle dei pianerottoli a scendere o a salire, che sono, per dir così, una rappresentazione di una gerarchia collegata da saliscendi.

Possiamo chiamare colleghi i colleghi che si collegano a noi con collegamenti a gerarchie diverse? Sicuramente sì, da un lato, in quanto la gerarchia non preclude il collegamento. Che avviene, naturalmente, saliscendendo piani diversi, nello spazio e nella logica relazionale. No, dall'altro lato, se vogliamo limitare la definizione a chi esegue attività simili alle nostre, poste cioè 'sullo stesso piano'.

Alla base di tutti i collegamenti citati, non naturali, resta comunque la finalità di ciò che, appunto, accomuna i diversi colleghi: e cioè il prestito di qualcosa di sé per ottenere (un collegamento con) un mezzo economico in grado di garantire, in primis, la sussistenza; in secundis, bé, tante altre cose.

Dunque, se il collegamento è di tipo finalistico, verso un principio unificatore che sta nella sussistenza, quello tra colleghi potrebbe essere diverso da un collegamento collaborativo? Bé, no, da un certo punto di vista, perché la sussistenza serve a (quasi) tutti. , da un altro punto di vista, perché, oltre alla sussistenza, un collega vuole possedere questo, un altro desidera quest'altro, un terzo si differenzia ancora in termini di scopo. Il collegamento, in questo senso, non può che essere identificato anche come competitivo.

La naturalità del collegamento tra colleghi si riduce quindi al primo etimo esaminato (in sé non finalistico, perché, naturalmente, si può essere colleghi nel fare nulla…): l'essere stati messi insieme per realizzare una attività più o meno collegata. Il collega è un collegato, cioè, nel collegamento, è in parte un soggetto passivo. Cioè è scelto e poi collegato: raramente può scegliere il collegamento e la collocazione. Ed è meglio così, perché, in caso contrario, gli scopi diversi di ognuno eserciterebbero una forza centrifuga tale da rendere impossibile ed impensabile ogni collegamento, ogni organizzazione cooptativa o, se va bene, collaborativa, in ogni caso produttiva.
Per questo non ci dobbiamo aspettare “il mondo” dai colleghi. Sono come noi, pezzi di esistenza che si intersecano con il nostro pezzo di esistenza, in un certo luogo (materiale o virtuale) e per un certo tempo (per noi esseri umani, per fortuna, mai infinito!).

L'intersezione, buona o cattiva che sia, nobile o meno che sia, onorevole o disdicevole che si presenti, è una associazione di scopo (non mi richiamo qui al senso sociologico del termine, in quanto precludo, in questo discorso, una coscienza comune, collegata), una associazione fondamentalmente etero-diretta dallo scopo sussistenziale o, più largamente, esistenziale di una struttura che ‘sta intorno’.

Se sono eterodiretto, mica ci sta che debba io auto-dirigermi verso il prossimo, eliminando tutte le disparità e differenze. Si mira all'accordo, al collegamento mediamente produttivo, alla concatenazione di attività preferibilmente non ignobili. Attenzione! Non si tratta di compromesso. Si tratta di collegamento con la realtà. Non è un granché, lo so, ma la vita stessa non è (nel maggiore dei casi) un granchè.

E poi, diciamocelo, nel mondo del collegamento eterodiretto, è vero, alcuni sono colleghi.
Ma altri sono anche amici o amiche: scusate se è poco!

mercoledì 4 aprile 2012

GIOCHI DI POTERE

"Lei si preoccupa di quello che pensa la gente? Su questo argomento posso illuminarla, io sono un'autorità su come far pensare la gente" (Kane, Quarto Potere)
"Sono incazzato nero e tutto questo non lo accetterò più!" (Howard Beale, Quinto Potere)
"Insomma: e se Internet rischiasse in qualche caso di trasformarsi in una specie di 'Sesto potere', ancora più potente del Quarto di Orson Welles e del Quinto di Sidney Lumet?" (Alessandro Gilioli, L'Espresso, 2007
Non sono certo del Quarto e del Quinto, ma sul Sesto Potere non ho dubbi: la sua potenza è proporzionale alla dose di realismo con cui viene espresso dalla gente. Perché ci vuole la gente, quella reale, che si attivi ed eserciti nel mondo reale i clic del Sesto Potere. Altrimenti si riduce ad un abito, che mal si adatta alla realtà su cui si vuole, con le parole, incidere. Ammesso poi che le parole possano emendare porzioni del reale. Limitiamoci a constatare che quelle 'scomode' sono parole che producono reazioni nel reale. Producono l'agire delle persone vere. Perché tendenzialmente si avvicinano a pro-porre una verità che, ancora adesso, a parte per qualche nichilista post-moderno, induce a ragionare sul vero e sul falso di quanto detto o scritto, a porre dubbi e domande, a cercare una articolazione che verifichi o falsifichi la proposizione scritta. Certo, non ogni proposizione scritta. Solo quella che in sé tocca 'code di paglia' reali. Le quali, tendenzialmente, il Potere -diciamo quello semanticamente più tendente al 'Quarto'- deve circoscrivere o, ancora meglio, sopprimere, tacitare, rendere silenti. S-mentire mentendo.
Epperò. Ci sta un però. Anzi tre 'però'. Il Potere, infatti, non consiste (solo) nel far pensare in un certo modo la gente. Neanche nel far passare qualcuno "pazzo profeta dell'etere (del 'wifi', della 'cloud'...)", al fine di relegare le parole della realtà nel mondo lontano e confuso della follia, cioè di un testo senza-senso o di un senso in- e im-proprio per il Potere. E non è neppure "persuasione occulta e manipolazione dei cervelli", sibilo di Internet nelle orecchie del Mondo.
Il Potere, che si attiva solo quando la parola si avvicina ad una realtà pensata e temuta, in quanto reale, è piuttosto un sinonimo di quello che un tempo (forse ancora oggi, ma con meno pregnanza) è stato il peccato capitale per eccellenza: la Superbia. La Superbia, quella che è "originata comunemente dalla presenza di due personalità critiche: apparenza e violenza, esagerata stima di sé e dei propri meriti (reali o presunti), manifestata con un continuo senso di superiorità verso gli altri" (cito da Albanesi.it). Senso di superiorità che si deve esercitare quale imperativo morale del superbo, apparente affermazione di un'etica del dovere dei singoli inferiori nei confronti di enti(tà) superiori, cui tutto, o gran parte, è dovuto.


Da qui non occorre molto per capire che al Potere, che si è immedesimato con la Superbia, arrogandosi il diritto assoluto di dire, di fare parola, di registrare violazioni, supposte tali, del reale inferiore, anch'esso pre-supposto oggetto di s-mentimento, l'unica vera parola e azione che si deve opporre, nell'agire individuale, è il Coraggio.

Bel discorso. Peccato che:


"Come dice Don Abbondio, 
se uno il coraggio non ce l’ha, 
non se lo può dare".


mercoledì 28 marzo 2012

LA VITA DEGLI ALTRI


Sono pericolosamente invidioso della Vita altrui. Voglio la Tua Vita, la voglio assorbire, gustare, assaporare sino alla nausea e poi vomitarla via. L'Invidia è la mia Dominatrice e da Ella, solo da Ella voglio essere intimamente posseduto, sino alla Follia. Non desidero il Purgatorio, non starò coperto con il cilicio e con gli occhi cuciti di fil di ferro, piegato a sussurrare litanie e preghiere, per eoni, per comprarmi il paradiso: io Voglio l'Inferno. Io invidio anch'Esso, sublime regno del Peccato, che sempre arde Vivo.
Ha scritto quel mediocre che risponde al nome di Carlos Ruiz Zafón
:

"L'invidia è la religione dei mediocri. Li consola, risponde alle inquietudini che li divorano e, in ultima istanza, imputridisce le loro anime e consente di giustificare la loro grettezza e la loro avidità fino a credere che siano virtù e che le porte del cielo si spalancheranno solo per gli infelici come loro, che attraversano la vita senza lasciare altra traccia se non i loro sleali tentativi di sminuire gli altri e di escludere, e se possibile distruggere, chi, per il semplice fatto di esistere e di essere ciò che è, mette in risalto la loro povertà di spirito, di mente e di fegato. Fortunato colui al quale latrano i cretini, perché la sua anima non apparterrà mai a loro".


Che i cretini non latrino mai a me, perché la mia anima
è la loro!

Che l'Invidia roda il mio cuore! Ad Ella lo dono, quale magnifico sacrificio di quanto più Umano è in me!

Perché l'Invidia è svalutata, laddove Essa è Nutrice e Motrice del Mondo!

giovedì 15 marzo 2012

A DOMANI... O A DOPO!

Una volta lasciavi un post-it con le note da trasmettere a parenti, amici e colleghi, tipo quando te ne andavi a fare la spesa o, magari, la sera, o quando partivi per il week-end. Con un "ciao", "a presto" o "a domani" a chiudere il messaggio. E il post-it, tipicamente, te lo leggevano il giorno dopo, a casa, al lavoro, in palestra.  Così, "a domani" andava bene. Oggi lasci una mail o un post-it digitale, ma, tipicamente, il messaggio te lo leggono poco dopo, per esempio la sera prima di andare a dormire. O dopo cinque minuti, sul telefonino o sul tablet. O anche il giorno dopo, quando si accendono i pc. Così a fine nota, ora ci mettiamo un "a domani o a dopo"'... perché già sappiamo che il momento della ricezione è instabile, incerto, il più delle volte... più vicino
E così ci si sente un po' come un post-it appiccicato al filo del bucato del tempo. E chissà quando verremo staccati.